Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 29 aprile 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Il long-COVID lascia attività anomale cerebrali durante i test di memoria per mesi. In generale, le prestazioni cognitive di chi ha avuto l’infezione da SARS-CoV-2 non sono diverse da quelle di chi è rimasto indenne, ma chi ha sofferto di long-COVID con persistenti sintomi neuropsichiatrici presenta, durante compiti di working memory (WM), minore attività cerebrale nelle aree implicate nei compiti e maggiore attività in territori cerebrali aspecifici. Questa attivazione di regioni esterne alla rete di WM è stata rilevata in pazienti sofferenti di danno traumatico cerebrale. L’attivazione anomala, che persiste per mesi, ha riscontro nella difficoltà di concentrarsi, ricordare e nel sentirsi affaticati lamentato dai pazienti long-COVID, ma i punteggi ai test sono risultati normali, ha specificato Linda Chang della School of Medicine della University of Maryland in Baltimore (USA), coautrice dello studio.

Noi segnaliamo che il campione era prevalentemente costituito da contagiati dalla variante delta di SARS-CoV-2. Lo studio è stato accettato per la pubblicazione su Neurology. [Fonte: American Accademy of Neurology – Annual Meeting 75ys, April 22-27, 2023].

 

I recettori TLR sono implicati nella patogenesi di malattie neurodegenerative. I recettori TLR (toll-like receptors) costituiscono una famiglia di proteine recettoriali P-R (pattern recognition) attivate da ligandi derivati da patogeni o da danno tessutale, e sono espressi in neuroni, astrociti e microglia del sistema nervoso centrale. È stato dimostrato un loro ruolo nel collegare processi infiammatori a processi neurodegenerativi nella malattia di Alzheimer, nel Parkinson, nella SLA e nella malattia di Huntington. [Dabi Y. T., et al. Immun Infl Dis. 11 (4): e839, 2023].

 

La maggiore differenza sessuale nel cervello dei mammiferi è definita da un processo immunologico. La differenza sessuale maggiore e filogeneticamente più antica nei cervelli dei mammiferi è data dal nucleo sessualmente dimorfico (SDN) dell’area preottica, che si ritiene sia originato da apoptosi autonoma differenziata. È noto che un SDN più grande, tipico dei maschi, porta a preferire le femmine come partner sessuali. I meccanismi che stabiliscono le differenze sessuali e il ruolo funzionale di questo nucleo non sono stati finora accertati. Ora, un nuovo studio condotto da Lindsay A. Pickett e colleghi ha stabilito che le differenze volumetriche nel ratto sono dovute a un meccanismo immunologico: la microglia fagocitaria ingloba e distrugge molti più neuroni nel nucleo SDN delle femmine e ne scolpisce la struttura, ne definisce il minore volume e la preferenza sessuale. [Cfr. PNAS USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2212646120, 2023].

 

I neuroni Mrgprb4 sono responsabili del piacere suscitato dal contatto cutaneo. I neuroni di una popolazione sensoriale denominati dall’espressione evolutiva del recettore Mrgprb4 accoppiato a proteine G, noti per la rilevazione degli stimoli meccanici nel topo, si è rivelata necessaria e sufficiente a indurre il rilascio di dopamina nel nucleo accumbens, associato alla sensazione di piacere nella percezione del contatto sulla pelle. La stimolazione optogenetica di questi neuroni ha determinato nelle femmine di roditori le risposte associate alla recettività nell’accoppiamento. I risultati dello studio, condotto da Leah Elias e colleghi della Columbia University, identificano l’attivatore di un circuito cute-cervello della risposta a ricompensa sessuale nella linea neuronica Mrgprb. [Cfr. Cell 186 (3): 577-590.e16, 2023].

 

Il Test di Berg è valido e affidabile in Parkinson, Sclerosi Multipla, TBI, amputazioni. La Berg Balance Scale, un test adottato per valutare l’equilibrio funzionale ideato da Katherine Berg nel 1989 per valutare la capacità di equilibrio stabile negli anziani oltre i 73 anni, ha dimostrato efficacia diagnostica e affidabilità in Parkinson, SM, TBI e portatori di amputazioni. È utile per prevedere il rischio di cadute e per la prognosi relativa alla durata della riabilitazione. [Natalia Miranda-Cantellops, Timothy K. Tiu, Berg Balance Testing, StatPearls Publishing 2023].

 

Un fossile di 21 milioni di anni fa mette in crisi una teoria molto accreditata. La teoria attualmente prevalente sull’assunzione di una postura eretta del tronco da parte delle grandi scimmie nel corso dell’evoluzione, attribuisce all’esercizio di estensione del tronco e allungamento degli arti per cogliere la frutta sugli alberi un ruolo centrale. Ma Laura MacLatchy e John Kingston, studiando un fossile di Morotopithecus di 21 milioni di anni fa, hanno desunto uno scenario del tutto diverso, con questo grande primate che non mangiava frutta ma foglie e viveva in un ambiente erboso aperto, non boschivo. [Cfr. Science 380 (6641): abq2835, 2023].

 

Un pesce che batte le palpebre è la chiave dello sviluppo della vita sulla terra. Un pesce chiamato saltafango (Oxudercinae), che fa emergere la testa dall’acqua fangosa in cui vive e batte le palpebre, ha fornito una chiave per ricostruire il passaggio filogenetico della vita dal mezzo acquoso alla terraferma, dalle forme ittiche a quelle dei tetrapodi. Il Perioftalmus caeruleomaculatis e il Perioftalmodon septemradiatus, specie dell’unico pesce provvisto di palpebre mobili come quelle degli animali terrestri, hanno fornito gli elementi per ricostruire attraverso l’anatomia e il comportamento ciò che non si poteva ricavare dai fossili in cui le membrane palpebrali si perdono, suggerendo il percorso biologico della vita dall’acqua all’aria, divenuta più ricca di ossigeno. Brett Aiello, Thomas Stewart e altri hanno identificato l’origine del battere le palpebre in saltafango e tetrapodi all’epoca degli adattamenti cerebrali, respiratori e cardiocircolatori necessari alla vita sulla terra. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2220404120, Apr. 24, 2023].

 

Scoperte le tecniche di nuoto dei progenitori terrestri di attuali specie marine. alcune fra le più straordinarie trasformazioni anatomiche nell’evoluzione si sono verificate in animali viventi sulla terra che si sono poi adattati alla vita acquatica, come i progenitori ancestrali di balene, foche e tartarughe marine. Durante il Mesozoico, tra i 252 e i 66 milioni di anni fa, molti rettili preistorici, come ictiosauri, plesiosauri, coccodrilli e mesosauri, sono diventati abitatori dei mari.

Susana Gutarra, Tom Stubs e altri hanno scoperto le diverse tecniche di nuoto usate da questi animali, tecniche strettamente associate alle trasformazioni anatomo-funzionali per l’adattamento pelagico. Ad esempio, i leoni marini hanno il segmento di arto superiore (pinna) corrispondente all’avanbraccio molto più breve e quello corrispondente alla mano, che costituisce la pinna vera e propria, molto più grande rispetto alle proporzioni dell’arto deambulatorio dei progenitori terrestri del Mesozoico. [Fonte: Susana Gutarra, Bristol School di Scienze della Terra, 18 aprile 2023].

 

Senza ghiaccio le foche sono diventate silenti in un’area riproduttiva dell’Antartico. I richiami di quattro specie di foche antartiche erano registrati da una stazione microfonica subacquea che ne rilevava la rapida diffusione a grandissima distanza per effetto della maggiore velocità di propagazione nell’acqua. Con lo sciogliersi dei ghiacciai, questo osservatorio acustico perenne dell’Antartico (PALAOA) è stato travolto da costoni in caduta e sarà ripristinato ma, intanto, ha rilevato che in assenza di ghiaccio, come accadde nel 2010-2011, le foche non emettono più richiami. Si era ipotizzato che il ghiaccio fosse indispensabile per la riproduzione e la cura dei piccoli, come per le foche dell’Artico; ma queste specie antartiche non si sono certo estinte. Dunque, ci si chiede cosa cambia nel loro cervello che non le fa più emettere suoni. [Irene T. Roca, Alfred Wegener Institute, aprile 2023].

 

La vetrificazione del cervello per l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. in un nuovo studio. Il primo studio sulla vetrificazione del cervello di una vittima della città romana di Ercolano, pubblicato come lettera sul New England Journal of Medicine nel 2020 (23 gennaio), fu da noi recensito ed esposto in sintesi, ma ora un nuovo studio ha focalizzato l’attenzione su alcuni aspetti della sequenza di eventi che potrebbe aver causato la vetrificazione.

L’analisi di riflettanza sul legno carbonizzato dell’antica Ercolano ha consentito una nuova ricostruzione degli eventi termici che causarono la morte istantanea delle persone durante l’eruzione del Vesuvio nell’anno 79 dell’era cristiana. La prima corrente a densità piroclastica (PDC, la cosiddetta “nube di cenere”) che entrò nella città ebbe breve durata e aveva una temperatura di 555-495 °C, sufficiente a uccidere immediatamente le persone rifugiatesi in casa o negli ambienti presso il mare, e a lasciare al suolo alcuni decimetri di cenere, liberata dalle correnti ad alta concentrazione. La massa d’aria rovente e densa di materiale eruttivo, espandendosi sul mare si caricava d’acqua, generando cenere a più bassa temperatura che avvolgeva i corpi senza vita degli abitanti di Ercolano.

Le correnti piroclastiche successive, che progressivamente hanno sepolto la città, avevano una maggiore concentrazione ma una temperatura meno alta, prima tra 465 e 390 °C, e poi tra 350 e 315 °C.

Proprio questi caratteri degli eventi termici e la loro sequenza temporale hanno consentito la trasformazione in materia vetrosa del tessuto nervoso e gliale del cervello di una vittima scoperta negli anni Sessanta negli ambienti di servizio del Collegio degli Augustali ercolanense, e per la prima volta studiata da Petrone e colleghi nel 2020. Il tempo brevissimo di durata dell’altissima temperatura ha impedito la vaporizzazione istantanea di tutti i fluidi del parenchima cerebrale e l’immediato raffreddamento ne ha consentito la sorprendente cristallizzazione vetrosa.

Il ritrovamento di tessuto cerebrale in resti umani di scavi archeologici è un evento raro e, quando si verifica, porta alla luce materiale istologico saponificato, per la trasformazione dei trigliceridi in glicerolo e sali degli acidi grassi. In questo caso, aderente alla teca cranica si è rinvenuta una materia nera, conformata come una spugna, ma dura, liscia e lucida come un’ossidiana liparica, che è appunto una roccia vetrosa. L’indagine proteomica ha rivelato la presenza di proteine altamente espresse nel cervello umano; inoltre, sono stati rinvenuti lipidi del capello umano.

Lo studio è stato condotto da Pier Paolo Petrone del Laboratorio di Osteologia e Antropologia Forense dell’Università Federico II di Napoli, Guido Giordano dell’Istituto di Geologia dell’Università di Roma Tre e collaboratori.

Il carbone è stato l’unico testimone dell’eruzione capace di registrare i numerosi, brevi ed estremi eventi termici, rivelando per la prima volta la reale entità e sequenza dell’impatto di queste temperature inimmaginabili, che determinano la morte all’istante e possono estendersi per un raggio superiore a quanto si sia ritenuto in passato, suggerendo oggi l’adozione di criteri più prudenti nella prevenzione. [Cfr. Pensa A., et al. Scientific Reports – AOP doi: 10.1038/s41598-023-32623-3].

 

La mente medievale alle origini del mentale moderno e contemporaneo (XIV) è una tematica che stiamo sviluppando al Seminario sull’Arte del Vivere (v. Note e Notizie 21-01-23 Notule; Note e Notizie 28-01-23 Notule; Note e Notizie 04-02-23 Notule; Note e Notizie 11-02-23 Notule; Note e Notizie 18-02-23 Notule; Note e Notizie 25-02-23 Notule; Note e Notizie 04-03-23 Notule; Note e Notizie 11-03-23; Note e Notizie 18-03-23 Notule; Note e Notizie 25-03-23 Notule; Note e Notizie 01-04-23 Notule; Note e Notizie 15-04-23; Note e Notizie 22-04-23) per spunti settimanali di riflessione e discussione: qui di seguito si riportano quelli del quattordicesimo incontro.

Da uno studio del nostro seminario, condotto con competenza da Monica Lanfredini, è risultato che una parte considerevole delle contraddizioni, delle incongruenze e delle eterogeneità etiche, che emergono dai codici e dalla loro applicazione presso i popoli dell’Europa continentale nell’Alto Medioevo, deriva dal lungo, difficile e mai del tutto compiuto processo di cristianizzazione e dai veri e propri conflitti che sorgevano fra coloro che sentivano e ragionavano da cristiani e quanti rimanevano fedeli alle concezioni barbare del sostrato.

È questo un elemento che distingue nettamente la realtà delle genti italiche da quella mitteleuropea. Del resto, San Pietro Apostolo era sbarcato a Napoli, da qui si era diretto a Roma, aveva fondato la Chiesa, e poi aveva proseguito la predicazione percorrendo l’Italia verso il nord e andando a celebrare il ricordo dell’ultima cena a Calci, in Toscana. Anche se perseguitati per tre secoli e nascosti nelle catacombe, i cristiani italiani hanno continuato a trasmettere per tradizione familiare i comandamenti e l’insegnamento evangelico ricevuto direttamente dal pescatore Simone eletto da Gesù a capo della Chiesa col nome di Pietro e dai discepoli al suo seguito. Dopo Costantino, i princìpi cristiani entrano nel Diritto Romano attraverso i Codici Giustinianei, ma fin da quando Odoacre[1] depone Romolo Augustolo, decretando la fine dell’Impero Romano, le etnie dell’Europa continentale ritornano alle credenze di sostrato e ai codici locali o tribali delle popolazioni pre-latine.

La base etica del diritto dei Romani cristiani era costituita dai dieci comandamenti integrati dalla dottrina evangelica, così che il peccato era considerato reato e la sua gravità corrispondeva a quella del grado di offesa a Dio; siccome il vero giudizio spetta solo all’Onnipotente, e il buon cristiano deve perdonare secondo la celebre formula 70 volte 7, ossia sempre, la pena era concepita come penitenza a scopo redentivo e l’orizzonte del giudice doveva essere quello cristiano della speranza.

Al contrario, a fondamento e ratio dei codici barbari c’era la vendetta: le regole erano quelle che le antiche tribù avevano stabilito per salvaguardare il potere, punendo l’offesa al suo rispetto materiale e simbolico: chiunque avesse realmente potere di armi e beni poteva fare la legge e farla rispettare con la forza, la violenza e il crimine. Non stupisce, perciò, che il costume barbaro della faida, che la cultura greco-romana aveva abolito, fosse parte integrante delle leggi di quei popoli.

La giustizia romano-cristiana era idealmente concepita super partes ed esercitata ispirandosi all’adagio paolino dell’essere “forte con i forti e debole con i deboli”.

Il biografo di San Leodegario, cioè il Francese San Leger, fratello di San Guerino[2], parlando dell’anno 765 scrive: “Ognuno fa coincidere la giustizia con la propria volontà” e Michel Rouche aggiunge: “Non si potrebbe esprimere meglio questa nuova realtà…”[3]. È l’approdo di secoli in cui le leggi della tribù germanica dei Burgundi e del popolo dei Franchi hanno prevalso su quella sintesi tra le culture greco-romana e giudaico-cristiana che il Corpus iuris civilis di Giustiniano intendeva estendere a tutti i popoli dell’ex-Impero Romano. Nella stessa epoca del riordino giuridico giustinianeo di Bisanzio, Gregorio di Tours scrive: “Una grande quantità di delitti si commette di questi tempi”[4].

Proseguendo nell’esame delle tradizioni prescrittive barbare, leggiamo che in occasione di un omicidio tutta la famiglia dell’ucciso aveva il sacrosanto diritto e il tassativo dovere di vendicarsi sull’assassino e sui membri della sua famiglia. E, poiché i parenti dell’assassino ucciso dovevano a loro volta comportarsi allo stesso modo, le interminabili vendette si protraevano per generazioni, anche attraverso i secoli, come leggiamo in Gregorio di Tours per il VI secolo e in Raoul Glaber per l’XI secolo.

Sylvie Desmet pone in evidenza che esisteva tuttavia un modo semplice, soprattutto presso i popoli di origine germanica, di porre fine alle faide: il risarcimento in denaro, il Wergeld[5]. Poiché il valore in monete d’oro di una vita e di ogni parte del corpo colpita era noto a tutti, la famiglia del criminale poteva direttamente risarcire la famiglia della vittima, corrispondendo quella somma per evitare la faida. In proposito, Rouche osserva: “In una società in cui il valore della vita umana era praticamente zero ed era importante soltanto il danno subito, questa soluzione risultava particolarmente allettante, poiché – viste le somme enormi che erano in gioco – ne conseguiva un arricchimento immediato”[6]. E non si esclude il barbaro calcolo di farsi ammazzare qualche parente antipatico per diventare ricchi.

La pena pecuniaria per l’omicidio prevede in modo dettagliato e articolato una lunga lista di casi, dall’uccisione mediante una freccia avvelenata all’assassinio per percosse.

Il taglio del dito mignolo costa 15 soldi, quello dell’indice, il “dito che serviva a tirare con l’arco”, 35 soldi[7].

La concezione del diritto come vendetta rende anche arduo in alcuni casi distinguere tra pena e crimine: ad esempio, il taglio della lingua per punire una calunnia da parte di un offeso, se non riconosciuto come “giusta punizione”, può comportare l’ammenda di 100 soldi al pari di un occhio cavato, del taglio della mano o di un piede, di un naso o un orecchio reciso.

Ciò che stupisce noi oggi e indignava e inorridiva gli Italiani di quell’epoca è che per quei popoli di origine germanica la vita umana valeva molto meno di beni, oggetti e proprietà. Ma i Franchi non sono da meno dei Goti[8]: per chi ruba c’è la pena di morte, per chi uccide solo un’ammenda. La vita di uno schiavo è stimata al massimo 35 soldi d’oro, mentre i cavalli da tiro o da monta valgono almeno 45 soldi d’oro; 45 soldi è anche la cifra di ammenda per un vaso di miele rubato. Il furto in flagranza prevede sempre la pena di morte, ma se il furto lo compie uno schiavo, anche se è un uomo con un valore di mercato oscillante tra 12 e i 25 soldi, non viene condannato a morte per preservare il valore materiale del suo lavoro per il padrone, e gli si somministrano da 120 a 140 staffilate[9].

Le varie forme di furto e aggressione predatoria sono una vera piaga delle campagne della Gallia: esistono gruppi tribali che vivono organizzati in bande di latrones chiamati bagaudes nella lingua gallica[10]. I Franchi elencano tutto ciò che comunemente viene rubato: campanella della scrofa, campanaccio della bestia che guida il gregge, rete per le anguille, barile di vino, balla di fieno, farina, struttura in ferro della macina del mulino, e così via.

La Lex Salica, ossia un codice fatto redigere da Clodoveo I re dei Franchi, su 70 titoli complessivi ne dedica 22 al furto, mentre dei 105 titoli della legge della tribù gotica dei Burgundi, solo 13 riguardano questo reato. Una delle ragioni della pletora normativa in materia di furto di quel popolo nella terra di Francia è il tentativo di distinguere tra bottino e razzia, furto legale perpetrato ai danni del nemico e furto criminale compiuto a danno di altre famiglie dello stesso popolo, ma questi soldati-contadini sembrano incapaci di distinguere tra interesse personale e interesse dello stato[11]. Il furto era sentito come un attacco contro la persona, a volte come un oltraggio più grave dell’assassinio di un familiare.

I Burgundi sono invece molto più attenti all’importanza della proprietà fondiaria, per loro superiore al valore della vita, mentre considerano più veniale la sottrazione di oggetti, e molti furti puniti con la pena di morte o un alto risarcimento dalla legge salica sono sanzionati con tre soldi di ammenda dalla legge burgunda; ma se uno rubava il vomere di un aratro o una coppia di buoi col giogo era condannato alla schiavitù a vita.

Per centinaia di anni, attraverso la trasmissione da una generazione all’altra, si era radicata nella mente di queste genti un’idea della giustizia come “diritto alla vendetta” e consolidata, a dispetto della diffusione dei valori cristiani e del rispetto per la vita, una concezione dell’esistenza umana avvilente, gretta, prosaica, brutale, violenta, utilitaristica, materialistica, iper-strumentale, che intende i rapporti sociali come mezzo per ottenere un tornaconto personale o di clan, attraverso associazioni consortili o conflitti criminosi.

Questa sottocultura è responsabile della resistenza alle ragioni del vivere civile greco-romano e giudaico-cristiano, e, come abbiamo detto in precedenza: “…una parte considerevole delle contraddizioni, delle incongruenze e delle eterogeneità etiche, che emergono dai codici e dalla loro applicazione presso i popoli dell’Europa continentale nell’Alto Medioevo, deriva dal lungo, difficile e mai del tutto compiuto processo di cristianizzazione e dai veri e propri conflitti che sorgevano fra coloro che sentivano e ragionavano da cristiani e quanti rimanevano fedeli alle concezioni barbare del sostrato”.

Questa difficile transizione e, in alcuni casi, quasi impossibile “conversione radicale e completa delle coscienze” ha molti aspetti, basti pensare che nel 744 il Concilio di Leptines deve disporre la chiusura dei fana, ossia i templi pagani in cui, dopo quattrocento anni di cristianesimo, si continuavano ad officiare riti politeistici nell’Europa continentale.

Pierre Riché racconta di un Vescovo di Mans del IX secolo, preoccupato per i comportamenti dei sacerdoti della sua diocesi. Un Vescovo italiano incerto sul da farsi avrebbe chiesto aiuto al Vescovo di Roma o, semplicemente, si sarebbe ispirato a quello straordinario modello vivente che era il Papa San Leone III, con la sua capacità di perdono costante, anche dopo aver subito un attentato, e con l’infaticabile perseveranza nel riproporre la mansuetudine di Cristo del Vangelo di San Luca nei suoi rapporti con Carlo Magno, che lo voleva sottomesso a pregare per le vittorie in battaglia dell’esercito dei Franchi, mentre lui gli inviava doni simbolici per indurlo a una più profonda conversione del cuore. Il Vescovo di Mans, invece, convocò i suoi sacerdoti e, per essere più tranquillo, li fece castrare tutti.

Accanto al processo lungo, faticoso e sempre rimasto incompiuto di cristianizzazione dei popoli europei, si può riconoscere un altro processo, derivato in parte dalla stessa evangelizzazione, sviluppato attraverso le arti figurative, originato principalmente dalle botteghe d’arte della penisola e consistente nel cercare una nuova sintesi tra l’utilità spirituale della bontà e l’elevazione ideale mediante il piacere estetico della bellezza.

Giuseppe Perrella ha scritto al riguardo: “Semplificando in un modo forse eccessivamente schematico ma necessario alla chiarezza, si può dire che la coscienza prevalentemente barbara era alle prese con l’equilibrio tra violenza e interesse, mentre la coscienza pervasa da sentimenti e principi della civiltà dell’amore elevava lo spirito alla ricerca di un’armonia tra etica ed estetica”[12].

Concludiamo questo incontro con una citazione da Jacques Le Goff: “Nel secolo XII, il pensiero medievale aveva raggiunto un alto livello d’equilibrio tra la fede e la ragione; e fu appunto da quest’equilibrio che nacque in Europa la tradizione della ricerca di un’armonia tra il cuore e la ragione”[13]. [BM&L-Italia, aprile 2023].

 

Notule

BM&L-29 aprile 2023

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[1] Era un guerriero germanico Unno per parte di padre e Sciro per parte di madre, considerata anche Turingia. Come spiega Giorgio Scrofani nella voce Odoacre del Dizionario biografico degli Italiani (vol. 79, Istituto dell’Enciclopedia Italiana 2013) le notizie contrastanti sulla sua origine etnica sono dovute alla complessa interconnessione tribale fra quei popoli non organizzati in forme civili evolute e non alla incertezza delle fonti.

[2] Conte di Parigi e Poitiers-Poitou, morì da martire cristiano. La nonna materna dei due fratelli era già stata proclamata santa.

[3] Michel Rouche, L’Alto Medioevo occidentale in La vita privata dall’Impero romano all’anno Mille (a cura di Philippe Ariès & Georges Duby) p. 366, CDE (su licenza G. Laterza e figli) Milano 1986.

[4] Michel Rouche, L’Alto Medioevo occidentale, op. cit., idem.

[5] O guidrigildo, nell’italianizzazione riportata anche nei libri di storia scolastici. Il guidrigildo era, nei codici di alcuni popoli germanici, la somma di danaro che monetizzava il valore teorico di un uomo o di una donna (Walter Pohl, L’universo barbarico, p. 80, in AA. VV., Storia medievale, Donzelli, Roma 1998).

[6] Michel Rouche, L’Alto Medioevo occidentale, op. cit., p. 381.

[7] Michel Rouche, L’Alto Medioevo occidentale, op. cit., p. 379.

[8] Alcuni storici affermano che nella legge dei Burgundi l’omicidio è sempre punito con la pena di morte, ma questo deve intendersi come autorizzazione a vendicare con l’omicidio, non che si escluda l’accordo per un risarcimento secondo il valore della vittima. In realtà, nella legge burgunda è previsto il caso della legittima difesa in cui si riduce della metà la somma per la riparazione del danno omicidiario, che varia a seconda che sia nobile, libero o schiavo.

[9] Si legge anche di torture o altre pene corporali.

[10] Bagaudes: letteralmente “quelli che fanno banda”.

[11] Cfr. Michel Rouche, L’Alto Medioevo occidentale, op. cit., pp. 374-375.

[12] Giuseppe Perrella, Relazione sulla Mente Medievale al XIV incontro, p. 3, BM&L-Italia 2023.

[13] Jacques Le Goff, Il Medioevo – Alle origini dell’identità europea, p. 83, Editori Laterza, Roma-Bari 2002.