Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA &
ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE -
Anno XX – 29 aprile 2023.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia
del testo: BREVI INFORMAZIONI]
Il
long-COVID lascia attività anomale cerebrali durante i test di memoria per mesi. In generale, le prestazioni cognitive
di chi ha avuto l’infezione da SARS-CoV-2 non sono diverse da quelle di chi è rimasto
indenne, ma chi ha sofferto di long-COVID con persistenti sintomi
neuropsichiatrici presenta, durante compiti di working memory (WM),
minore attività cerebrale nelle aree implicate nei compiti e maggiore attività in
territori cerebrali aspecifici. Questa attivazione di regioni esterne alla rete
di WM è stata rilevata in pazienti sofferenti di danno traumatico cerebrale. L’attivazione
anomala, che persiste per mesi, ha riscontro nella difficoltà di concentrarsi,
ricordare e nel sentirsi affaticati lamentato dai pazienti long-COVID, ma i
punteggi ai test sono risultati normali, ha specificato Linda Chang della
School of Medicine della University of Maryland in Baltimore (USA), coautrice
dello studio.
Noi
segnaliamo che il campione era prevalentemente costituito da contagiati dalla
variante delta di SARS-CoV-2. Lo studio è stato accettato per la pubblicazione
su Neurology. [Fonte: American Accademy of Neurology – Annual Meeting 75ys, April 22-27, 2023].
I
recettori TLR sono implicati nella patogenesi di malattie neurodegenerative. I recettori TLR (toll-like receptors) costituiscono una
famiglia di proteine recettoriali P-R (pattern recognition)
attivate da ligandi derivati da patogeni o da danno tessutale, e sono espressi
in neuroni, astrociti e microglia del sistema nervoso centrale. È stato
dimostrato un loro ruolo nel collegare processi infiammatori a processi
neurodegenerativi nella malattia di Alzheimer, nel Parkinson, nella SLA e nella
malattia di Huntington. [Dabi Y. T., et al. Immun Infl Dis. 11 (4): e839, 2023].
La
maggiore differenza sessuale nel cervello dei mammiferi è definita da un
processo immunologico.
La differenza sessuale maggiore e filogeneticamente più antica nei cervelli dei
mammiferi è data dal nucleo sessualmente dimorfico (SDN) dell’area
preottica, che si ritiene sia originato da apoptosi autonoma differenziata. È
noto che un SDN più grande, tipico dei maschi, porta a preferire le femmine come
partner sessuali. I meccanismi che stabiliscono le differenze sessuali e
il ruolo funzionale di questo nucleo non sono stati finora accertati. Ora, un
nuovo studio condotto da Lindsay A. Pickett e colleghi ha stabilito che le
differenze volumetriche nel ratto sono dovute a un meccanismo immunologico: la
microglia fagocitaria ingloba e distrugge molti più neuroni nel nucleo SDN
delle femmine e ne scolpisce la struttura, ne definisce il minore volume e la
preferenza sessuale. [Cfr. PNAS
USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2212646120, 2023].
I
neuroni Mrgprb4 sono responsabili del piacere suscitato dal contatto cutaneo. I neuroni di una popolazione sensoriale
denominati dall’espressione evolutiva del recettore Mrgprb4 accoppiato a proteine
G, noti per la rilevazione degli stimoli meccanici nel topo, si è rivelata
necessaria e sufficiente a indurre il rilascio di dopamina nel nucleo accumbens,
associato alla sensazione di piacere nella percezione del contatto sulla pelle.
La stimolazione optogenetica di questi neuroni ha determinato nelle femmine di
roditori le risposte associate alla recettività nell’accoppiamento. I risultati
dello studio, condotto da Leah Elias e colleghi della Columbia University, identificano
l’attivatore di un circuito cute-cervello della risposta a ricompensa sessuale nella
linea neuronica Mrgprb. [Cfr. Cell 186 (3):
577-590.e16, 2023].
Il
Test di Berg è valido e affidabile in Parkinson, Sclerosi Multipla, TBI,
amputazioni.
La Berg Balance Scale, un test adottato per valutare l’equilibrio funzionale
ideato da Katherine Berg nel 1989 per valutare la capacità di equilibrio
stabile negli anziani oltre i 73 anni, ha dimostrato efficacia diagnostica e
affidabilità in Parkinson, SM, TBI e portatori di amputazioni. È utile per
prevedere il rischio di cadute e per la prognosi relativa alla durata della riabilitazione.
[Natalia Miranda-Cantellops,
Timothy K. Tiu, Berg Balance Testing, StatPearls
Publishing 2023].
Un
fossile di 21 milioni di anni fa mette in crisi una teoria molto accreditata. La teoria attualmente prevalente
sull’assunzione di una postura eretta del tronco da parte delle grandi scimmie
nel corso dell’evoluzione, attribuisce all’esercizio di estensione del tronco e
allungamento degli arti per cogliere la frutta sugli alberi un ruolo centrale. Ma
Laura MacLatchy e John Kingston, studiando un fossile
di Morotopithecus di 21 milioni di anni
fa, hanno desunto uno scenario del tutto diverso, con questo grande primate che
non mangiava frutta ma foglie e viveva in un ambiente erboso aperto, non boschivo.
[Cfr. Science 380 (6641): abq2835, 2023].
Un
pesce che batte le palpebre è la chiave dello sviluppo della vita sulla terra. Un pesce chiamato saltafango (Oxudercinae),
che fa emergere la testa dall’acqua fangosa in cui vive e batte le palpebre, ha
fornito una chiave per ricostruire il passaggio filogenetico della vita dal
mezzo acquoso alla terraferma, dalle forme ittiche a quelle dei tetrapodi. Il Perioftalmus caeruleomaculatis
e il Perioftalmodon septemradiatus,
specie dell’unico pesce provvisto di palpebre mobili come quelle degli animali
terrestri, hanno fornito gli elementi per ricostruire attraverso l’anatomia e
il comportamento ciò che non si poteva ricavare dai fossili in cui le membrane
palpebrali si perdono, suggerendo il percorso biologico della vita dall’acqua
all’aria, divenuta più ricca di ossigeno. Brett Aiello, Thomas Stewart e altri
hanno identificato l’origine del battere le palpebre in saltafango
e tetrapodi all’epoca degli adattamenti cerebrali, respiratori e cardiocircolatori
necessari alla vita sulla terra. [Cfr. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2220404120, Apr. 24, 2023].
Scoperte
le tecniche di nuoto dei progenitori terrestri di attuali specie marine. alcune fra le più straordinarie
trasformazioni anatomiche nell’evoluzione si sono verificate in animali viventi
sulla terra che si sono poi adattati alla vita acquatica, come i progenitori
ancestrali di balene, foche e tartarughe marine. Durante il Mesozoico, tra i
252 e i 66 milioni di anni fa, molti rettili preistorici, come ictiosauri,
plesiosauri, coccodrilli e mesosauri, sono diventati
abitatori dei mari.
Susana
Gutarra, Tom Stubs e altri
hanno scoperto le diverse tecniche di nuoto usate da questi animali, tecniche strettamente
associate alle trasformazioni anatomo-funzionali per l’adattamento pelagico. Ad
esempio, i leoni marini hanno il segmento di arto superiore (pinna) corrispondente
all’avanbraccio molto più breve e quello corrispondente alla mano, che
costituisce la pinna vera e propria, molto più grande rispetto alle proporzioni
dell’arto deambulatorio dei progenitori terrestri del Mesozoico. [Fonte: Susana
Gutarra, Bristol School di Scienze della Terra, 18
aprile 2023].
Senza
ghiaccio le foche sono diventate silenti in un’area riproduttiva dell’Antartico. I richiami di quattro specie di
foche antartiche erano registrati da una stazione microfonica subacquea che ne rilevava
la rapida diffusione a grandissima distanza per effetto della maggiore velocità
di propagazione nell’acqua. Con lo sciogliersi dei ghiacciai, questo osservatorio
acustico perenne dell’Antartico (PALAOA) è stato travolto da costoni in caduta
e sarà ripristinato ma, intanto, ha rilevato che in assenza di ghiaccio, come
accadde nel 2010-2011, le foche non emettono più richiami. Si era ipotizzato che
il ghiaccio fosse indispensabile per la riproduzione e la cura dei piccoli,
come per le foche dell’Artico; ma queste specie antartiche non si sono certo
estinte. Dunque, ci si chiede cosa cambia nel loro cervello che non le fa più
emettere suoni. [Irene T. Roca, Alfred Wegener Institute, aprile 2023].
La
vetrificazione del cervello per l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. in un nuovo
studio.
Il primo studio sulla vetrificazione del cervello di una vittima della città
romana di Ercolano, pubblicato come lettera sul New England Journal of Medicine
nel 2020 (23 gennaio), fu da noi recensito ed esposto in sintesi, ma ora un
nuovo studio ha focalizzato l’attenzione su alcuni aspetti della sequenza di
eventi che potrebbe aver causato la vetrificazione.
L’analisi
di riflettanza sul legno carbonizzato dell’antica Ercolano ha consentito una
nuova ricostruzione degli eventi termici che causarono la morte istantanea
delle persone durante l’eruzione del Vesuvio nell’anno 79 dell’era cristiana. La
prima corrente a densità piroclastica (PDC, la cosiddetta “nube di cenere”) che
entrò nella città ebbe breve durata e aveva una temperatura di 555-495 °C,
sufficiente a uccidere immediatamente le persone rifugiatesi in casa o negli
ambienti presso il mare, e a lasciare al suolo alcuni decimetri di cenere, liberata
dalle correnti ad alta concentrazione. La massa d’aria rovente e densa di
materiale eruttivo, espandendosi sul mare si caricava d’acqua, generando cenere
a più bassa temperatura che avvolgeva i corpi senza vita degli abitanti di Ercolano.
Le
correnti piroclastiche successive, che progressivamente hanno sepolto la città,
avevano una maggiore concentrazione ma una temperatura meno alta, prima tra 465
e 390 °C, e poi tra 350 e 315 °C.
Proprio
questi caratteri degli eventi termici e la loro sequenza temporale hanno consentito
la trasformazione in materia vetrosa del tessuto nervoso e gliale del cervello
di una vittima scoperta negli anni Sessanta negli ambienti di servizio del
Collegio degli Augustali ercolanense, e per la prima volta studiata da Petrone
e colleghi nel 2020. Il tempo brevissimo di durata dell’altissima temperatura ha
impedito la vaporizzazione istantanea di tutti i fluidi del parenchima
cerebrale e l’immediato raffreddamento ne ha consentito la sorprendente cristallizzazione
vetrosa.
Il
ritrovamento di tessuto cerebrale in resti umani di scavi archeologici è un
evento raro e, quando si verifica, porta alla luce materiale istologico
saponificato, per la trasformazione dei trigliceridi in glicerolo e sali degli
acidi grassi. In questo caso, aderente alla teca cranica si è rinvenuta una
materia nera, conformata come una spugna, ma dura, liscia e lucida come un’ossidiana
liparica, che è appunto una roccia vetrosa. L’indagine
proteomica ha rivelato la presenza di proteine altamente espresse nel cervello
umano; inoltre, sono stati rinvenuti lipidi del capello umano.
Lo
studio è stato condotto da Pier Paolo Petrone del Laboratorio di Osteologia e
Antropologia Forense dell’Università Federico II di Napoli, Guido Giordano dell’Istituto
di Geologia dell’Università di Roma Tre e collaboratori.
Il
carbone è stato l’unico testimone dell’eruzione capace di registrare i numerosi,
brevi ed estremi eventi termici, rivelando per la prima volta la reale entità e
sequenza dell’impatto di queste temperature inimmaginabili, che determinano la
morte all’istante e possono estendersi per un raggio superiore a quanto si sia ritenuto
in passato, suggerendo oggi l’adozione di criteri più prudenti nella
prevenzione. [Cfr. Pensa A., et al. Scientific
Reports – AOP doi: 10.1038/s41598-023-32623-3].
La mente medievale alle origini del
mentale moderno e contemporaneo (XIV) è una tematica che stiamo sviluppando al Seminario sull’Arte
del Vivere (v. Note e Notizie 21-01-23 Notule; Note e Notizie 28-01-23 Notule; Note
e Notizie 04-02-23 Notule; Note e Notizie 11-02-23 Notule; Note e Notizie 18-02-23
Notule; Note e Notizie 25-02-23 Notule; Note e Notizie 04-03-23 Notule; Note e
Notizie 11-03-23; Note e Notizie 18-03-23 Notule; Note e Notizie 25-03-23
Notule; Note e Notizie 01-04-23 Notule; Note e Notizie 15-04-23; Note e Notizie
22-04-23) per spunti settimanali di riflessione e discussione: qui di seguito
si riportano quelli del quattordicesimo incontro.
Da uno studio del nostro seminario, condotto con competenza
da Monica Lanfredini, è risultato che una parte considerevole delle
contraddizioni, delle incongruenze e delle eterogeneità etiche, che emergono
dai codici e dalla loro applicazione presso i popoli dell’Europa continentale
nell’Alto Medioevo, deriva dal lungo, difficile e mai del tutto compiuto processo
di cristianizzazione e dai veri e propri conflitti che sorgevano fra coloro che
sentivano e ragionavano da cristiani e quanti rimanevano fedeli alle concezioni
barbare del sostrato.
È questo un elemento che distingue nettamente la realtà
delle genti italiche da quella mitteleuropea. Del resto, San Pietro Apostolo
era sbarcato a Napoli, da qui si era diretto a Roma, aveva fondato la Chiesa, e
poi aveva proseguito la predicazione percorrendo l’Italia verso il nord e andando
a celebrare il ricordo dell’ultima cena a Calci, in Toscana. Anche se perseguitati
per tre secoli e nascosti nelle catacombe, i cristiani italiani hanno
continuato a trasmettere per tradizione familiare i comandamenti e l’insegnamento
evangelico ricevuto direttamente dal pescatore Simone eletto da Gesù a capo
della Chiesa col nome di Pietro e dai discepoli al suo seguito. Dopo Costantino,
i princìpi cristiani entrano nel Diritto Romano attraverso i Codici Giustinianei,
ma fin da quando Odoacre[1] depone
Romolo Augustolo, decretando la fine dell’Impero Romano, le etnie dell’Europa continentale
ritornano alle credenze di sostrato e ai codici locali o tribali delle popolazioni
pre-latine.
La base etica del diritto dei Romani cristiani era
costituita dai dieci comandamenti integrati dalla dottrina evangelica, così che
il peccato era considerato reato e la sua gravità corrispondeva a quella del
grado di offesa a Dio; siccome il vero giudizio spetta solo all’Onnipotente, e
il buon cristiano deve perdonare secondo la celebre formula 70 volte 7, ossia
sempre, la pena era concepita come penitenza a scopo redentivo e l’orizzonte
del giudice doveva essere quello cristiano della speranza.
Al contrario, a fondamento e ratio dei codici
barbari c’era la vendetta: le regole erano quelle che le antiche tribù
avevano stabilito per salvaguardare il potere, punendo l’offesa al suo rispetto
materiale e simbolico: chiunque avesse realmente potere di armi e beni poteva
fare la legge e farla rispettare con la forza, la violenza e il crimine. Non
stupisce, perciò, che il costume barbaro della faida, che la cultura greco-romana
aveva abolito, fosse parte integrante delle leggi di quei popoli.
La giustizia romano-cristiana era idealmente concepita
super partes ed esercitata ispirandosi all’adagio paolino dell’essere “forte
con i forti e debole con i deboli”.
Il biografo di San Leodegario,
cioè il Francese San Leger, fratello di San Guerino[2],
parlando dell’anno 765 scrive: “Ognuno fa coincidere la giustizia con la propria
volontà” e Michel Rouche aggiunge: “Non si potrebbe
esprimere meglio questa nuova realtà…”[3]. È l’approdo
di secoli in cui le leggi della tribù germanica dei Burgundi e del popolo dei
Franchi hanno prevalso su quella sintesi tra le culture greco-romana e giudaico-cristiana
che il Corpus iuris civilis di Giustiniano
intendeva estendere a tutti i popoli dell’ex-Impero Romano. Nella stessa epoca
del riordino giuridico giustinianeo di Bisanzio, Gregorio di Tours scrive: “Una
grande quantità di delitti si commette di questi tempi”[4].
Proseguendo nell’esame delle tradizioni prescrittive
barbare, leggiamo che in occasione di un omicidio tutta la famiglia dell’ucciso
aveva il sacrosanto diritto e il tassativo dovere di vendicarsi sull’assassino
e sui membri della sua famiglia. E, poiché i parenti dell’assassino ucciso
dovevano a loro volta comportarsi allo stesso modo, le interminabili vendette
si protraevano per generazioni, anche attraverso i secoli, come leggiamo in Gregorio
di Tours per il VI secolo e in Raoul Glaber per l’XI
secolo.
Sylvie Desmet pone in evidenza che esisteva tuttavia
un modo semplice, soprattutto presso i popoli di origine germanica, di porre
fine alle faide: il risarcimento in denaro, il Wergeld[5]. Poiché il
valore in monete d’oro di una vita e di ogni parte del corpo colpita era noto a
tutti, la famiglia del criminale poteva direttamente risarcire la famiglia
della vittima, corrispondendo quella somma per evitare la faida. In proposito, Rouche osserva: “In una società in cui il valore della vita
umana era praticamente zero ed era importante soltanto il danno subito, questa soluzione
risultava particolarmente allettante, poiché – viste le somme enormi che erano
in gioco – ne conseguiva un arricchimento immediato”[6]. E non
si esclude il barbaro calcolo di farsi ammazzare qualche parente antipatico per
diventare ricchi.
La pena pecuniaria per l’omicidio prevede in modo
dettagliato e articolato una lunga lista di casi, dall’uccisione mediante una
freccia avvelenata all’assassinio per percosse.
Il taglio del dito mignolo costa 15 soldi, quello
dell’indice, il “dito che serviva a tirare con l’arco”, 35 soldi[7].
La concezione del diritto come vendetta rende anche
arduo in alcuni casi distinguere tra pena e crimine: ad esempio, il taglio
della lingua per punire una calunnia da parte di un offeso, se non riconosciuto
come “giusta punizione”, può comportare l’ammenda di 100 soldi al pari di un
occhio cavato, del taglio della mano o di un piede, di un naso o un orecchio reciso.
Ciò che stupisce noi oggi e indignava e inorridiva
gli Italiani di quell’epoca è che per quei popoli di origine germanica la vita
umana valeva molto meno di beni, oggetti e proprietà. Ma i Franchi non sono da
meno dei Goti[8]: per chi
ruba c’è la pena di morte, per chi uccide solo un’ammenda. La vita di uno schiavo
è stimata al massimo 35 soldi d’oro, mentre i cavalli da tiro o da monta valgono
almeno 45 soldi d’oro; 45 soldi è anche la cifra di ammenda per un vaso di
miele rubato. Il furto in flagranza prevede sempre la pena di morte, ma se il
furto lo compie uno schiavo, anche se è un uomo con un valore di mercato oscillante
tra 12 e i 25 soldi, non viene condannato a morte per preservare il valore
materiale del suo lavoro per il padrone, e gli si somministrano da 120 a 140
staffilate[9].
Le varie forme di furto e aggressione predatoria
sono una vera piaga delle campagne della Gallia: esistono gruppi tribali che
vivono organizzati in bande di latrones
chiamati bagaudes nella lingua gallica[10]. I
Franchi elencano tutto ciò che comunemente viene rubato: campanella della
scrofa, campanaccio della bestia che guida il gregge, rete per le anguille, barile
di vino, balla di fieno, farina, struttura in ferro della macina del mulino, e
così via.
La Lex Salica,
ossia un codice fatto redigere da Clodoveo I re dei Franchi, su 70 titoli
complessivi ne dedica 22 al furto, mentre dei 105 titoli della legge della tribù
gotica dei Burgundi, solo 13 riguardano questo reato. Una delle ragioni della
pletora normativa in materia di furto di quel popolo nella terra di Francia è
il tentativo di distinguere tra bottino e razzia, furto legale perpetrato ai
danni del nemico e furto criminale compiuto a danno di altre famiglie dello
stesso popolo, ma questi soldati-contadini sembrano incapaci di distinguere tra
interesse personale e interesse dello stato[11]. Il
furto era sentito come un attacco contro la persona, a volte come un oltraggio
più grave dell’assassinio di un familiare.
I Burgundi sono invece molto più attenti all’importanza
della proprietà fondiaria, per loro superiore al valore della vita, mentre
considerano più veniale la sottrazione di oggetti, e molti furti puniti con la
pena di morte o un alto risarcimento dalla legge salica sono sanzionati con tre
soldi di ammenda dalla legge burgunda; ma se uno rubava il vomere di un aratro
o una coppia di buoi col giogo era condannato alla schiavitù a vita.
Per centinaia di anni, attraverso la trasmissione da
una generazione all’altra, si era radicata nella mente di queste genti un’idea
della giustizia come “diritto alla vendetta” e consolidata, a dispetto della
diffusione dei valori cristiani e del rispetto per la vita, una concezione dell’esistenza
umana avvilente, gretta, prosaica, brutale, violenta, utilitaristica,
materialistica, iper-strumentale, che intende i rapporti sociali come mezzo per
ottenere un tornaconto personale o di clan, attraverso associazioni consortili o
conflitti criminosi.
Questa sottocultura è responsabile della resistenza
alle ragioni del vivere civile greco-romano e giudaico-cristiano, e, come abbiamo
detto in precedenza: “…una parte considerevole delle contraddizioni, delle incongruenze
e delle eterogeneità etiche, che emergono dai codici e dalla loro applicazione
presso i popoli dell’Europa continentale nell’Alto Medioevo, deriva dal lungo,
difficile e mai del tutto compiuto processo di cristianizzazione e dai veri e
propri conflitti che sorgevano fra coloro che sentivano e ragionavano da
cristiani e quanti rimanevano fedeli alle concezioni barbare del sostrato”.
Questa difficile transizione e, in alcuni casi,
quasi impossibile “conversione radicale e completa delle coscienze” ha molti
aspetti, basti pensare che nel 744 il Concilio di Leptines
deve disporre la chiusura dei fana, ossia i
templi pagani in cui, dopo quattrocento anni di cristianesimo, si continuavano
ad officiare riti politeistici nell’Europa continentale.
Pierre Riché racconta di un
Vescovo di Mans del IX secolo, preoccupato per i comportamenti dei sacerdoti
della sua diocesi. Un Vescovo italiano incerto sul da farsi avrebbe chiesto aiuto
al Vescovo di Roma o, semplicemente, si sarebbe ispirato a quello straordinario
modello vivente che era il Papa San Leone III, con la sua capacità di perdono costante,
anche dopo aver subito un attentato, e con l’infaticabile perseveranza nel
riproporre la mansuetudine di Cristo del Vangelo di San Luca nei suoi rapporti
con Carlo Magno, che lo voleva sottomesso a pregare per le vittorie in battaglia
dell’esercito dei Franchi, mentre lui gli inviava doni simbolici per indurlo a
una più profonda conversione del cuore. Il Vescovo di Mans, invece, convocò i
suoi sacerdoti e, per essere più tranquillo, li fece castrare tutti.
Accanto al processo lungo, faticoso e sempre rimasto
incompiuto di cristianizzazione dei popoli europei, si può riconoscere un altro
processo, derivato in parte dalla stessa evangelizzazione, sviluppato
attraverso le arti figurative, originato principalmente dalle botteghe d’arte
della penisola e consistente nel cercare una nuova sintesi tra l’utilità spirituale
della bontà e l’elevazione ideale mediante il piacere estetico della bellezza.
Giuseppe Perrella ha scritto al riguardo: “Semplificando
in un modo forse eccessivamente schematico ma necessario alla chiarezza, si può
dire che la coscienza prevalentemente barbara era alle prese con l’equilibrio
tra violenza e interesse, mentre la coscienza pervasa da sentimenti e principi
della civiltà dell’amore elevava lo spirito alla ricerca di un’armonia tra
etica ed estetica”[12].
Concludiamo questo incontro con una citazione da
Jacques Le Goff: “Nel secolo XII, il pensiero medievale aveva raggiunto un alto
livello d’equilibrio tra la fede e la ragione; e fu appunto da quest’equilibrio
che nacque in Europa la tradizione della ricerca di un’armonia tra il cuore e
la ragione”[13]. [BM&L-Italia,
aprile 2023].
Notule
BM&L-29 aprile 2023
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La
Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International
Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale
94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Era un guerriero germanico Unno
per parte di padre e Sciro per parte di madre, considerata anche Turingia. Come
spiega Giorgio Scrofani nella voce Odoacre del Dizionario biografico
degli Italiani (vol. 79, Istituto dell’Enciclopedia Italiana 2013) le
notizie contrastanti sulla sua origine etnica sono dovute alla complessa
interconnessione tribale fra quei popoli non organizzati in forme civili evolute
e non alla incertezza delle fonti.
[2] Conte di Parigi e Poitiers-Poitou,
morì da martire cristiano. La nonna materna dei due fratelli era già stata
proclamata santa.
[3] Michel Rouche,
L’Alto Medioevo occidentale in La vita privata dall’Impero romano all’anno
Mille (a cura di Philippe Ariès & Georges Duby) p. 366, CDE (su licenza G. Laterza e figli) Milano
1986.
[4] Michel Rouche,
L’Alto Medioevo occidentale, op. cit., idem.
[5] O guidrigildo, nell’italianizzazione
riportata anche nei libri di storia scolastici. Il guidrigildo era, nei
codici di alcuni popoli germanici, la somma di danaro che monetizzava il valore
teorico di un uomo o di una donna (Walter Pohl, L’universo barbarico, p.
80, in AA. VV., Storia medievale, Donzelli, Roma 1998).
[6] Michel Rouche,
L’Alto Medioevo occidentale, op. cit., p. 381.
[7] Michel Rouche,
L’Alto Medioevo occidentale, op. cit., p. 379.
[8] Alcuni storici affermano che
nella legge dei Burgundi l’omicidio è sempre punito con la pena di morte, ma
questo deve intendersi come autorizzazione a vendicare con l’omicidio, non che
si escluda l’accordo per un risarcimento secondo il valore della vittima. In
realtà, nella legge burgunda è previsto il caso della legittima difesa in cui si
riduce della metà la somma per la riparazione del danno omicidiario, che varia a
seconda che sia nobile, libero o schiavo.
[9] Si legge anche di torture o
altre pene corporali.
[10] Bagaudes:
letteralmente “quelli che fanno banda”.
[11] Cfr. Michel Rouche,
L’Alto Medioevo occidentale, op. cit., pp. 374-375.
[12] Giuseppe Perrella, Relazione
sulla Mente Medievale al XIV incontro, p. 3, BM&L-Italia 2023.
[13] Jacques Le Goff, Il Medioevo –
Alle origini dell’identità europea, p. 83, Editori Laterza, Roma-Bari 2002.